Nettuno è l’ottavo e il penultimo pianeta del Sistema Solare.
Nel secolo scorso due astronomi, l’inglese Adams e il francese Le Verrier, si accorsero che l’orbita di Urano non seguiva perfettamente le tre leggi di Keplero.
Non era possibile che le leggi fossero sbagliate! Essi si convinsero che ci doveva essere un corpo celeste ancora sconosciuto vicino ad Urano e con una massa abbastanza grande da poterne disturbare l’orbita. Nel 1846 questo pianeta venne effettivamente osservato al telescopio, nella posizione prevista dai loro calcoli:
IL giorno 23 Settembre del 1846 fu scoperto il pianeta Nettuno.
IL MITO:
Nettuno ha più di un mito di riferimento: è Dioniso, il dio dell’estasi, oppure è Orfeo, il musicista e poeta ma è più conosciuto come Poseidone.
Denominato Nettuno nella mitologia romana, Poseidone, fratello di Zeus era il Dio del Mare. Ma anche il protettore dei cavalli e colui che scatena i terremoti. La relazione tra il mare e i cavalli viene giustificata da alcuni studiosi. Questi affermano che originariamente Poseidone doveva essere nato come Dio-cavallo e che solo successivamente sia stato associato al mare. Questo quando i popoli greci cominciarono a dedicarsi più alla pesca e ai commerci marittimi che alla coltivazione delle terre.
POSEIDONE: figlio di Crono e di Rea, fratello di Zeus e di Ade. A lui spettò la signoria del mare, comprese le coste e le isole.
Subì come gli altri fratelli (escluso Zeus) la sorte d’essere inghiottito dal padre che temeva la loro futura rivalità. Alcuni dicono che Rea fece divorare a Crono un puledro in vece di Poseidone, che nascose tra un branco di cavalli; altri, che Rea affidò Poseidone bambino alle cure di Cafira, figlia d’Oceano, e delle Telchine nell’isola di Rodi. Quando grazie all’emetico di Meti Crono restituì i figli, Poseidone aiutò Zeus a sconfiggere i Titani e a rinchiuderli nel Tartaro sotto la sorveglianza dei giganti centimani. Allora i tre figli di Crono si spartirono l’universo, lasciando la terra e l’Olimpo come territorio comune. Zeus ebbe il comando supremo e Poseidone spesso cercò di ribellarsi; partecipò con Era, Atena, Apollo e tutti gli altri olimpi, ad eccezione di Estia, alla congiura contro Zeus. Insieme lo legarono, ma la nereide Teti, con l’aiuto del centimane Briareo, lo liberò. Zeus appese al cielo Era, la vera organizzatrice della congiura, e punì Apollo e Poseidone costringendoli a servire il re Laomedonte.
Poiché gli occorreva una moglie che si trovasse a suo agio negli abissi marini, Poseidone pensò subito alla nereide Teti, ma quando seppe che il figlio nato da lei sarebbe stato più famoso di suo padre, rinunciò a sposarla. Pose allora gli occhi su Anfitrite, figlia di Nereo o di Oceano. La corteggiò e Anfitrite, sgomenta, si rifugiò sul monte Atlante, ma un certo Delfino la trovò e la convinse ad accettare il dio come consorte. Come premio per questa sua azione, Delfino venne posto in cielo in una costellazione.
Anfitrite gli generò tre figli: Tritone, Roda e Bentesicima; ma Poseidone ebbe numerosi amori con dee, ninfe e donne mortali, tutti fecondi. Anfitrite si ingelosì soprattutto di Scilla, figlia di Forcide, e la trasformò in un mostro dalle sei teste e dodici zampe. Demetra per sfuggire alle molestie di Poseidone si tramutò in giumenta e il dio, trasformatosi a sua volta in stallone, la coprì generando il cavallo Arione e la ninfa Despena. Poseidone amò anche la gorgone Medusa, a quel tempo ancora una bellissima fanciulla, e giacque con lei nel tempio di Atena, crimine per cui Medusa venne trasformata dalla dea in un orribile mostro alato che Perseo uccise. Dal cadavere della Medusa gravida nacquero il gigante Crisaore e il cavallo alato Pegaso. Poseidone generò anche il gigante Anteo insieme a Gea, sua nonna; fu padre di molti Giganti tra cui Oto ed Efialte, avuti da Ifimedia, che cercarono di prendere d’assalto l’Olimpo; del gigantesco cacciatore Orione che fu ucciso da Artemide; di Polifemo che, accecato da Odisseo, gli chiese di vendicarlo. Ebbe anche figli di dimensioni umane, ma tutti d’indole violenta: i briganti Cercione e Scirone che vennero uccisi da un altro dei suoi figli, Teseo; Amico, re dei Bebrici, ucciso da Polideuce, figlio di Zeus; Busiride, re d’Egitto, ucciso da Eracle; i sei figli avuti da Alia, che fatti impazzire da Afrodite tentarono di violentare la propria madre, ma Poseidone, con un colpo di tridente, li fece inghiottire dalla terra per sottrarli al castigo.
Tra i suoi figli mortali ricordiamo anche i gemelli Belo e Agenore, figli di Libia; Teseo, il più celebre di tutti, figlio di Etra moglie di Egeo; il grande navigatore Nauplio, figlio di Amimone; Pelia e Neleo, figli di Tiro; Cicno, figlio di Calice re di Colone, e molti altri ancora.
Il suo odio per i Troiani aveva origine nell’anno di servitù che Poseidone e Apollo dovettero trascorrere presso re Laomedonte, padre di Priamo. Avevano stabilito col re di costruire le mura della città di Troia in cambio di una certa somma e quando ebbero compiuto l’opera Laomedonte rifiutò di pagare il salario pattuito. Apollo si ritenne pago della pestilenza che inviò alla città e infatti aiutò i Troiani durante la guerra, ma Poseidone non si sentiva sufficientemente vendicato nemmeno dal mostro marino che aveva inviato e che era stato sul punto di divorare Esione, figlia di Laomedonte, perciò continuò a perseguitarli durante tutti i lunghi anni della guerra. La sua ira non risparmiò neppure i combattenti greci e aiutò infatti Atena a punirli per il sacrilegio compiuto da Aiace figlio d’Oileo che aveva violato Cassandra nel tempio della dea. Poseidone inoltre, mentre Aiace si vantava d’essere riuscito a salvarsi dal naufragio, spezzò con un colpo di tridente lo scoglio sul quale il naufrago si era rifugiato, e lo annegò; tutti gli altri comandanti greci smarrirono la rotta a causa d’una tempesta, perché ritenuti colpevoli di non aver punito il suo crimine. Odisseo fu invece risparmiato poiché aveva proposto che Aiace fosse lapidato, ma riuscì poi ad attirarsi l’odio di Poseidone accecando suo figlio Polifemo. Da quell’episodio il suo viaggio di ritorno si svolse in mezzo a mille difficoltà che gli procurarono la perdita di tutti i suoi compagni. Poseidone punì anche i Feaci che l’avevano aiutato, bloccando l’accesso al loro porto con una montagna e trasformando in pietra la nave con la quale avevano accompagnato Odisseo a Itaca.
Poseidone abitava un palazzo subacqueo al largo di Egea, in Eubea. Percorreva il mare col suo aureo cocchio capace di velocità incredibili. Il dio si mostrò avido di assicurarsi regni sulla terra e in queste sue pretese fu in genere sfortunato. Così sfidò Atena avanzando pretese su Atene e Trezene, e i due dèi furono invitati a un confronto. Poseidone giunse in Attica e, con un sol colpo del suo tridente, fece scaturire in mezzo all’Acropoli una sorgente d’acqua salmastra. Poi arrivò Atena che, prendendo il re Cecrope a testimone, piantò un olivo sulla collina. Per decidere, Zeus nominò arbitri: ora si dice che gli arbitri fossero Cecrope e Cranao, e ora i dodici dèi. La decisione fu favorevole ad Atena, poiché Cecrope testimoniò che la dea era stata la prima a piantare l’olivo ad Atene. Poseidone, adirato, inviò un’inondazione che ricoprì la pianura d’Eleusi. Per Trezene, Zeus impose un’equa divisione tra i due, ma né l’uno né l’altra ne furono soddisfatti. In seguito Poseidone cercò invano di strappare Egina a Zeus e Nasso a Dioniso; a Delfi, fu Apollo a spuntarla. Quando vantò pretese su Corinto, la città di Elio, il gigante Briareo, preso come giudice, decise di assegnare soltanto l’istmo a Poseidone. mentre Elio ebbe l’acropoli della città. Per Argo, fu Foroneo ad avere l’incarico d’arbitrare la contesa tra Poseidone ed Era; anche in questo caso, la decisione fu favorevole alla dea. Nel suo furore, Poseidone colpì l’Argolide prosciugando tutte le sorgenti del paese. Poco tempo dopo, Danao e le sue cinquanta figlie arrivarono in Argolide e non trovarono acqua da bere. Grazie ad Amimone, una delle Danaidi, di cui Poseidone s’innamorò, l’Argolide recuperò le sorgenti.
Poseidone si mostrò in alcuni casi anche capace di pietà. Trasformò la Tessaglia in una terra fertile provocando un grosso terremoto che scavò la valle di Tempe attraverso cui scorreva il fiume Penelo. Salvò Ino e il figlio Melicerte che si erano gettati in mare trasformandoli nelle divinità marine Leucotea e Palemone. Nominò Castore e Polideuce (i Dioscuri) protettori dei naviganti, dando loro il potere di placare le tempeste. Veniva invocato il suo aiuto per evitare i terremoti e perciò i Greci lo chiamavano Asphalios, “colui che previene le scosse”.
In quanto dio dei cavalli era conosciuto anche col nome Hippios (“signore dei cavalli”). Donò cavalli a molti dei suoi protetti: a Pelope che amava diede cavalli alati con cui potè ottenere in sposa Ippodamia. A Ida quelli che gli permisero di portare con sé la figlia di Eveno, Marpessa; al tracio Reso cavalli bianchi come neve e veloci come il vento, che poi Odisseo e Diomede rubarono; a Peleo per le sue nozze con Teti la coppia di cavalli immortali Xanto e Balio che vennero poi ereditati da Achille. Poseidone veniva anche associato con gli arieti perché quando rapì Teofane, per evitare i pretendenti che si erano gettati all’inseguimento, si trasformò in ariete e trasformò la giovane in una pecora bellissima. Teofane generò un ariete alato con il Vello d’Oro che Nefele donò a suo figlio Frisso per salvarlo da Atamante.
Tutti gli dèi del mare possedevano la virtù di mutare forma, ma Poseidone trasformò oltre a sé anche molti esseri umani. Dopo aver violato Cenide, dietro sua richiesta la trasformò in uomo e mutò Alope in una sorgente d’acqua. Donò a suo figlio Periclimeno il potere di mutare forma a volontà e lo stesso fece per Mestra da lui sedotta. Rese il figlio Cicno invulnerabile.
Il culto di Poseidone era assai diffuso, dalla Beozia e dalla Tessaglia a Corinto, ove in suo onore si celebravano i giochi istmici e nella Magna Grecia, a Taranto e, ovviamente, a Poseidonia (Paestum).
DIONISO:Dioniso, il dio della viticoltura, era figlio di Zeus e di Sèmele. Siccome era un dio molto chiassoso veniva chiamato anche Bacco, che in greco significa “clamore“, da cui deriva la parola italiana baccano. I romani infatti adottarono Bacco per indicare appunto Dioniso. Sèmele, era la bellissima figlia di Cadmo, re di Tebe; Hera, gelosa, decise di farla morire: prese le sembianze della nutrice della giovane e insinuò nell’animo della fanciulla che Zeus non l’amasse e di metterlo alla prova. Il dio le si mostrava sempre sotto l’aspetto di un mortale, allora Sèmele chiese a Zeus di mostrarsi come dio per dimostrargli il suo amore; invano Zeus cercò di dissuaderla, spiegandole il pericolo a cui andava incontro. Sèmele insistette e quando Zeus le si mostrò in tutto il suo splendore e coi fulmini in mano la povera ragazza non poté resistere alla vampata di calore che Zeus emanava, con Sèmele sarebbe morto anche il piccolo che stava per nascere se non fosse stato per Zeus che gli fece schermo con l’egida e lo cucì nella sua coscia fino al momento della nascita. Compiuti i nove mesi, Zeus fece uscire il dio dalla coscia; lo affidò ad Hermes perché lo portasse dalle ninfe affinché lo nutrissero e allevassero. Il luogo dove fu portato Dioniso piccolo si chiamava Nisa, un posto che nessuno sapeva dove essere, una montagna adatta per nascondere un bambino dallo sguardo minaccioso di Hera; solo Hermes sapeva dove fosse e quando col bambino in braccio, entrò nella caverna delle ninfe, questa si illuminò di una luce abbagliante. Le ninfe a cui Zeus affidò Dioniso erano sette e si chiamavano Iadi, pare fossero sorellastre delle Pleiadi; erano buone e di animo gentile e Zeus per ricompensarle le mutò in una nuova costellazione nel firmamento. Divenuto grande, l’educazione di Dioniso fu seguita, oltre che dalle ninfe, da Ino, sorella di sua madre Sèmele e dal vecchio Sileno. Sileno era nato a Nisa ed era figlio di Hermes: era brutto e veniva raffigurato come un vecchio gioviale, ma con tutto il suo aspetto ridicolo era sapiente, pieno di buonsenso, bonario; da maestro poi divenne grande amico di Dioniso e non lo lasciò più. Il dio si appassionò presto alla caccia e amava spesso andare in giro per i boschi e le campagne; un giorno fece la sua scoperta più bella, la vite, o meglio un grappolo d’uva: lo prese, lo premette in una coppa d’oro e ne fece uscire un liquore color porpora, era nato il vino. Assaggiato, la prima impressione fu di un nuovo nettare che fa dimenticare la stanchezza e le pene, che dà un leggero senso di ebrezza e di euforia; lo fece assaggiare a tutti, le ninfe, Sileno, volle che lo bevessero i Satiri, gli Egipani, le Driadi e le Amadriadi e tutte le divinità del bosco. Da quel giorno presero vita numerose feste a base di vino, dove si faceva baldoria e il giovane Dioniso cominciò a dire cose che non avevano senso, insomma a delirare. Questo stato di ebrezza e delirio divenne regola e fu parte del culto di Dioniso. In onore di Dioniso si celebravano le solenni Feste Dionisiache due volte ogni anno: una volta in autunno, al tempo della vendemmia, la seconda volta in primavera. In queste feste, tra altri riti, si cantavano canzoni che raccontavano le gesta e le avventure del dio il ditirambo. I primi ditirambi erano rozzi e grossolani, poi vennero composti da veri poeti, con più senso artistico; dalla forma del ditirambo ebbe origine il dramma. Dioniso veniva raffigurato in due forme distinte: la più antica lo rappresentava in un aspetto maestoso e grave, con una lunga barba e con lunghi capelli, vestito con una tunica, sormontata da un mantello; la seconda forma invece, lo rappresentava in età giovane, con fattezze quasi femminili e con il volto pensoso, una corona di pampini e di edera circondava i suoi ricci capelli e con una pelle di pantera o di capriolo sui fianchi. Erano sacri a Dioniso tra i vegetali: la vite, l’edera, la quercia, tra gli animali: il toro, il caprone, la pantera, la tigre e la lince.
ORFEO:Secondo le più antiche fonti Orfeo è nativo della città di Lebetra in Tracia, situata sotto la Pieria[11], terra nella quale fino ai tempi di Erodoto era testimoniata l’esistenza di sciamani che fungevano da tramite fra il mondo dei vivi e dei morti, dotati di poteri magici operanti sul mondo della natura, capaci di provocare uno stato di trance tramite la musica.
Orfeo ( significa: colui che è solo) era un poeta e un musico.
Le Muse gli avevano insegnato a suonare la lira, ricevuta in dono da Apollo.
La sua musica e i suoi versi erano così dolci e affascinanti che l’acqua dei torrenti rallentava la sua corsa, i boschi ballavano, gli uccelli, commossi, non avevano la forza di volare e cadevano, le ninfe uscivano dalle querce e le belve dalle loro tane per ascoltarlo.
Euridice era una ninfa e sua sposa.
Un giorno, mentre correva per sfuggire alle insidie di Aristeo, venne morsa da un serpente e morì.
Orfeo, profondamente innamorato, decise di scendere nell’Ade, l’oscuro regno dei morti, a riprendersela.
Con la sua poesia e la sua musica riuscì a commuovere tutti:
Caronte lo traghettò sull’altra riva dello Stige, il fiume infernale;
Cerbero, l’orribile cane con tre teste, non abbaiò;
Le Erinni, terribili dee infernali, piansero;
I dannati cessarono i loro tormenti… e persino il dio Ade e sua moglie Persefone s’inchinarono al canto d’amore e concessero ad Orfeo di riportare Euridice con sé, ma a un patto:
Euridice avrebbe dovuto seguire Orfeo lungo la strada buia degli inferi, senza che lui si voltasse a guardarla, non prima di essere giunti nel mondo dei vivi.
Iniziarono la salita.
Avanti era Orfeo, lo seguiva Euridice e infine Hermes, che doveva controllare.
Erano ormai giunti alla meta, quando Orfeo, temendo di averla persa e preso dal forte desiderio di vederla, si voltò.
Così Euridice fu risucchiata nell’Ade ed inutile fu, per Orfeo, cercare d’afferrargli le mani nel tentativo di trattenerla.
Così, Euridice, morì per la seconda volta.
Orfeo rifiutò in seguito l’amore di tutte le femmine. Poiché la sua musica distoglieva i mariti dai doveri coniugali, dovette subire la vendetta delle donne che fu attuata per mano delle Menadi, sacerdotesse di Dionisio. Lo uccisero, lo fecero a pezzi e lo gettarono nel fiume Ebro.
Orfeo non morì del tutto e la sua testa, pur separata dal corpo, continuerà a cantare per sempre.
L’analisi:
L’amore vuole vita, per questo Orfeo scende nell’Ade a riprendersi Euridice.
Ottiene questa possibilità alla condizione di non voltarsi a guardarla prima che abbiano raggiunto
Il regno dei vivi.
Questo patto, questa richiesta apparentemente così semplice, è in realtà, impossibile da rispettare.
Orfeo ama e può amare solo a condizione di conoscere.
E’ costretto a voltarsi a guardare Euridice dall’amare stesso.
Nessuno, infatti, può scindere l’amore dalla conoscenza.
E’ una contraddizione conoscere senza amare, così come è pazzia amare senza vivere.
Amare non è un dato acquisito una volta per tutte. Amare necessita di conferme, ad ogni istante… di qui il bisogno ineludibile, per Orfeo, di voltarsi… per capire se era amato.
Secondo il mito, non avrebbe potuto mai riavere Euridice, un Orfeo innamorato…
ma è anche impossibile amare una persona se questa non vive.
Euridice avrebbe potuto salvare entrambi, parlando, ( non era proibito) per fargli sapere la sua viva presenza.
Nel silenzio, Orfeo avrebbe dovuto avere fede… è divino.
La conoscenza delle diverse attribuzioni del mito di Nettuno, è necessaria per la comprensione del pianeta in ambito astrologico,lo è per tutti i simboli planetari,tuttavia riconoscere che Nettuno abbia una complessità maggiore è necessario,al fine di comprenderne al meglio il significato.
Le circostanze e l’epoca storica in cui un pianeta viene scoperto rappresentano una significativa anteprima delle sue potenzialità. Così come studiamo la figura mitologica da cui il pianeta prende il nome, così vale la pena ripercorrere le circostanze della sua scoperta.
Mentre Urano venne scoperto senza che nessuno ne avesse sospettato l’esistenza e costituì un’illuminazione, una folgorazione, un evento del tutto inaspettato, la scoperta di Nettuno aveva invece alle spalle un lungo lavoro di ricerca, una serie di controversie fra chi credeva nell’esistenza di un nuovo pianeta e chi la negava, aveva alle spalle la fede in una legge priva di spiegazioni razionali, legge che la scoperta stessa del pianeta metteva in crisi.
La ricerca e il dubbio, l’attesa, l’aspettativa, la speranza e l’incertezza fanno parte di Nettuno, mentre Urano si era rivelato in modo inaspettato, senza nessuna preparazione, nessuna ricerca. Del pianeta Nettuno, si ipotizzavano dimensioni, massa, caratteristiche, periodo di rivoluzione e così via, prima di essere certi della sua esistenza. Queste circostanze inerenti alla scoperta costituivano già un indizio della natura molto diversa dei due pianeti.
Nettuno è scoperto quando si trova alla fine dell’acquario e, pochi anni dopo, entra nel suo segno, i pesci, entra nei pesci per la prima volta, dopo la sua scoperta, e imprime le sue caratteristiche a livello collettivo, sociale e culturale. Il mito dell’antica divinità marina, espressione dell’inconscio collettivo, riattivato dalla scoperta del pianeta, dilaga, portando ad un bisogno di fede e di “profezie” (incluse il socialismo utopistico e il marxismo che promettono l’avvento di un mondo migliore).
Nel 1847 iniziano, presso le sorelle Fox, in America, con la pratica dei tavolini che battono i colpi, le sedute spiritiche e la moda si diffonde rapidamente anche in Europa, soprattutto nei paesi che maggiormente erano stati implicati nella ricerca del nuovo pianeta. Gli eventi nettuniani si esprimono soprattutto in Francia, dove il pianeta ha avuto il suo battesimo. In quegli anni, si sviluppa il socialismo, ma troviamo anche tanti altri indizi dei fermenti nettuniani. Nel 1844, due anni prima della scoperta di Nettuno, era nata Bernadette Soubirous, che, con il passaggio di Nettuno in pesci, vede, nel 1858, a 14 anni, la Madonna apparirle in una grotta di Lourdes. Viene inizialmente considerata pazza e derisa dagli scettici. La caratteristica di Nettuno è proprio quella di mescolare o di contrapporre ciarlataneria e
misticismo, fede e scetticismo, illusione e idealismo. Dove risiede la verità e dove l’illusione? Forse non è possibile stabilirlo, forse bisogna vedere certi fenomeni semplicemente come un vortice che rimette in movimento la nostra dimensione psichica, al di là del fatto che siano reali o illusori o frutto di
suggestioni collettive. La spiegazione è dentro di noi (inconscio, poteri della mente) o fuori di noi (spiriti, angeli, defunti, Madonna, diavolo, divinità varie)? La spiegazione che molte anime ingenue si danno proietta tutto al di fuori, perché si tratta di fenomeni che vengono percepiti come non individuali,superiori alle possibilità di comprensione del singolo.
Nettuno è un Pianeta che può essere vissuto su vari livelli della coscienza,la sua energia psichica del simbolo,è percepita e integrata in base ai diversi livelli di individuazione personale,in base alla necessità di un sistema di espansione e cambiamento nella propria vita,nonché di una percezione del mondo interiore.
Nettuno non è pensiero logico,Nettuno è la percezione.
Nel suo significato più immediato troviamo la percezione della diversità,il non riconoscersi sul piano materiale e morale con la omologazione al sistema di regole in vigore nel proprio tempo,nel proprio habitat e nella dimensione del mentale, con la conseguente necessità di creare un’alternativa attraverso la fuga,sia intesa come allontanamento volontario atto a ricreare un nuovo spazio vitale, e una nuova dimensione personale,sia come necessità di dissolvere ogni identificazione tra la percezione dell’io piccolo e quella dell’espansione dei sensi,la sensitività è una delle funzioni Nettuniane.
Compie una rivoluzione completa intorno al sole in 165 anni circa,rimanendo in un segno all’incirca 14 anni,definendo la sua influenza su una intera generazione e agendo nei cambiamenti collettivi.
Essendo un trans-Saturniano ha attribuzioni di domicilio,caduta.esilio ed esaltazione solo nella concezione moderna dell’astrologia.
Domicilio=Pesci e Sagittario
Esilio=Vergine e Gemelli
Esaltazione=Aquario
Caduta=Leone
Simboli astrologici associati a Nettuno:
Sensibilità artistica, creatività e talento, amore e predisposizione per la musica, il ballo, la pittura, la percezione e il dono di facoltà psichiche extrasensoriali, la dissoluzione di barriere, la fuga dai limiti e dalle regole imposte da un sistema ordinario, il non accontentarsi, l’empatia, i grandi ideali, il mare, tutto ciò che è associato ai viaggi lontani, la spiritualità, l’intuizione, la medianità, il potere della trascendenza, la sublimazione, la catarsi, i farmaci, le droghe, le infezioni, la guarigione psichica, il vino, i liquori e le bevande alcoliche, le illusioni, la mancanza di una visione nitida e chiara,, i giochi di prestigio, l’estasi, l a solitudine scelta, la predisposizione alla dipendenza dal gioco d’azzardo, all’alcolismo, la perdita dei freni inibitori, la poesia,la compassione, l’inquietudine, la meditazione, la ricerca di una dimensione fantastica, i sogni, la capacità di rimanere in ascolto, la nebbia, l’emotività,
Il simbolismo Nettuniano è pervaso da una energia di cura e di annientamento del dolore, la disgregazione della materia e della mente, al fine di entrare in un territorio più ampio.